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 Chi colpisce?

Questa malattia colpisce tra i 60 e 70 anni il 3% della popolazione,

ma in alcuni casi può comparire più precocemente.

Da cosa è dovuta questa malattia, qual’è la causa?

La malattia è determinata da una lesione a carico del sistema dopaminergico nigro-striato che provoca un progressivo spopolamento e depigmentazione della sostanza nera di Somering. È una malattia ad esordio lento e decorso cronico di cui non si conosce la causa e la cura definitiva, pertanto l’intervento terapeutico è basato (farmacologicamente) sull’impiego dei precursori della dopamina e su sostanze anticolinergiche aventi rispettivamente lo scopo di:

  • correggere il deficit di dopamina riscontrato nella sostanza nera e nello striato;
  • diminuire il “tono” colinergico divenuto prevalente a causa della riduzione della dopamina.

Quest’ultima infatti ha una funziona inibitoria del tono muscolare, cioè riduce il tono muscolare e una sua riduzione o mancanza ne determina quindi un’aumento, ovvero una rigidità.

Quali sono i sintomi?

Le sindromi parkinsoniane sono caratterizzate sul piano clinico dalla comparsa di 3 sintomi fondamentali che possono insorgere indipendentemente l’uno dall’altro e non essere tutti evidenti nella stessa persona.

Questi sono: tremore, rigidità, bradicinesia.

–    Il tremore è presente caratteristicamente a riposo e può interrompersi improvvisamente durante l’esecuzione dei movimenti volontari. Si tratta di un tremore regolare, al ritmo di 4-6 scosse al secondo, più marcato all’estremità degli arti e più evidente alle mani che non ai piedi.

–    La rigidità è rappresentata dalla classica ipertonia extrapiramidale, causata dalla mancanza dell’inibizione del tono muscolare provocata dal deficit di dopamina. È presente dunque un’aumentata resistenza delle masse muscolari ai movimenti passivi e la rigidità cede a tratti successivi provocando il cosiddetto fenomeno della “ruota dentata”. Tale rigidità può interessare un solo arto, un solo lato, o tutti e quattro gli arti. La rigidità parkinsoniana si caratterizza per la sua qualità plastica e per la sua distribuzione tale da determinare un atteggiamento generale in flessione. Esso si manifesta precocemente a livello del gomito, si accentua nel corso dell’evoluzione interessando la testa e il tronco che sono inclinati in avanti; gli arti superiori sono in leggera flessione e in adduzione, gli arti inferiori hanno le ginocchia flesse.

immagine presa dalla rete

Il malato conserva questo atteggiamento anomalo in tutte le attività, in particolare nella marcia in cui il paziente partecipa a piccoli passi, in un solo blocco e appunto senza movimento pendolare delle braccia (bradicinesia).

–    La bradicinesia o acinesia si esprime nella tipica lentezza all’inizio del movimento (es. camminare), nelle poche espressioni del viso e nella perdita di destrezza dei movimenti rapidi e ripetuti come il battere le mani. A causa di questo disturbo i movimenti fini, a volte automatici, della vita quotidiana divengono assai difficoltosi e lenti. 

Nella deambulazione, possono quasi bloccare il soggetto ai primi tentativi di porsi in cammino, mentre poi una volta iniziata la marcia l’ammalato può progressivamente accelerare il passo “come se corresse dietro al suo centro di gravità” (fenomeno chiamato festinazione).

Tra le altre manifestazioni, questi soggetti hanno difficoltà ad iniziare il discorso, parlano con voce monotono, e in maniera rallentata, con voce flebile (bradilalia); può essere presente anche la ripetizione monotono dell’ultima parola o dell’ultima frase (palilalia). Spesso sono presenti turbe della scrittura che diventa rallentata, deformata, tremolante, con tendenza globale alla micrografia. Sono evidenti disturbi vegetativi con alterazioni della cute che diventa seborroica determinando un aspetto lucido del viso, turbe della sudorazione, ipotensione ortostatica (abbassamento di pressione nello passare seduto o in piedi) e soprattutto scialorrea che può diventare un segno precoce e molto noioso.

immagine presa dalla rete

Che problemi può portare nella vita di tutti i giorni?

Nella deambulazione questi pazienti sono soggetti alla caduta perché tendono a incrociare le gambe, soprattutto in presenza di ostacoli improvvisi. È presente difficoltà nel girarsi di 180° e una difficoltà nei passaggi posturali (cioè nel cambiare posizione) dalla posizione seduta alla stazione eretta.

Con l’evolversi la malattia, a causa dei suoi atteggiamenti assume una deformità stabile, pertanto saranno presenti retrazioni muscolo-tendinee. Sono presenti anche delle deformità che interessano gli arti superiori, inferiori e la gabbia toracica. Quest’ultima (a causa dell’atteggiamento cifotico) determina un affanno precoce che porta il paziente a spostarsi di meno e quindi all’acinesia.

In cosa consiste la fisioterapia, o meglio, la riabilitazione? Perché è sempre consigliato farla?

La terapia della Malattia di Parkinson non può prescindere dall’approccio farmacologico, ma  è  fondamentale che, quest’ultimo, sia associato al trattamento riabilitativo neuromotorio, occupazionale e logopedico.

Un buon intervento riabilitativo precoce, permette:

  • di ritardare l’aggravamento della patologia
  • migliorare la qualità della vita di questi pazienti
  • migliorare le loro autonomie
  • allungare la prospettiva di vita del paziente
  • evitare l’insorgenza di problematiche secondarie che si svilupperebbero con l’immobilizzazione e l’allettamento. 

L’ intervento riabilitativo precoce si pone obiettivi che variano a seconda della fase di malattia (secondo la Scala di stadiazione clinica di Hoehn e Yahr)

Gli obiettivi della terapia riabilitativa motoria comprendono:

  • migliorare la mobilità del paziente;
  • migliorare l’equilibrio e la coordinazione;
  • migliorare la postura;
  • migliorare la respirazione;
  • migliorare il cammino per ridurre il rischio di cadute;
  • incrementare le autonomie.
immagine presa dalla rete

Il trattamento fisioterapico dovrebbe avere una frequenza di 2-3 volte a settimana, e gli  esercizi andrebbero fatti sia in ambulatorio che a domicilio, per mantenere i risultati conseguiti, dal momento che l’obiettivo primario è quello di mantenere l’autonomia del paziente.

Idrokinesiterapia e malattia di Parkinson: un valido aiuto

L’idrokinesiterapia è molto utile in questa patologia, e tanti pazienti affetti da malattia di  Parkinson sostengono che essa faccia davvero la differenza per il proprio benessere, sia a livello psicologico che fisico.

L’acqua riduce il carico di gravità, restituendo ai movimenti fluidità, leggerezza e naturalezza. È possibile lavorare sul controllo della postura, dell’equilibrio e della coordinazione motoria, abituando il corpo alle variazioni posturali perché stimolate dal movimento dell’acqua, talora anche in associazione all’utilizzo di ausili. In piscina la deambulazione risulta facilitata, in quanto i disturbi del cammino sono più controllabili grazie alla diminuzione del peso corporeo data dall’acqua.

Ad uno stadio avanzato della malattia di Parkinson, si può manifestare in maniera del tutto inaspettata lo spiacevole fenomeno del freezing, quando i piedi, incollati al suolo, impediscono l’avvio del cammino oppure bloccano la marcia improvvisamente, facilitando cadute improvvise: questo porta a infortuni molto spesso gravi. Queste cadute, ovviamente, durante la deambulazione in acqua non hanno gli stessi effetti: anche la più rovinosa caduta nell’acqua non provoca fratture, contusioni, ecc. Uno degli esercizi proposti più spesso dagli specialisti di kinesiterapia, è proprio quello di prevenire e se questo non fosse possibile assecondare il più possibile la caduta, insegnando a riprendere il controllo del proprio corpo. Il miglioramento avviene gradualmente, senza creare traumi, mentre la persona malata impara a comprendere consapevolmente quali sono le risposte e i movimenti del proprio corpo.

immagine presa dalla rete

EFFETTI SUL TREMORE:

Le oscillazioni delle mani, dei piedi, delle labbra, del collo e della testa ottengono un notevole contributo al loro controllo grazie al contatto del corpo con l’acqua; la sensazione di contatto con l’acqua registrata dai recettori tattili è inviata al cervello che incrementa l’azione di controllo sul tremore come avviene sulla terraferma quando si inizia un’azione volontaria e finalizzata. 

EFFETTI SULLA RIGIDITA’:

Anche la rigidità può essere curata grazie alle proprietà dell’acqua: in questo caso si sfrutta la temperatura della piscina riabilitativa. La temperatura dell’acqua a 32,5°C aiuta a rilassare il tono muscolare permettendo attività di allungamento degli arti e del tronco, e nel contempo consente di alleviare i dolori conseguenti alla rigidità; inoltre dona sollievo mentre vengono svolti dolci movimenti riabilitativi.

L’idrokinesi, come già accennato, dona un sollievo anche dal lato psicologico al paziente affetto da Parkinson, anche grazie all’ambiente confortevole creato intorno a lui. Oltre al percorso riabilitativo-fisico, quindi, anche l’umore dei pazienti subisce un miglioramento non indifferente grazie alle terapie effettuate in acqua e alla interazione con l’operatore di idrochinesi in un clima psicologico stimolante e in un ambiente che mette le necessità del paziente al centro delle cure e delle attenzioni. 

Nel nostro Centro PhysioUp hai la possibilità di pianificare il tuo percorso riabilitativo sia a “secco” sia in acqua; è infatti presente personale qualificato specializzati In Idrokinesiterapia tramite la conoscenza del Metodo A.S.P. (Approcciio Sequenziale e Propedeutico).

Leggi anche” IdrokinesiTerapia o riabilitazione in acqua

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